
In esclusiva per Dinamomania il padre fondatore Rosario Cecaro racconta i sessant'anni di storia biancoblu
L’esordio della Dinamo nel campionato regionale 1962-63, fu choccante: fu travolta a Cagliari dalla Congregazione Mariana 80-36. Top scorer per la Dinamo Paolo Maninchedda. “È vero. – ricorda - Segnai 12 punti, e altri 12 Cabizzosu, 8 punti li segnò Pino Aricò e 4 Giuseppe Pilo. Fummo travolti. Ma non fu meglio il dopo partita: andammo a pranzare in un pessimo locale di Cagliari e ci toccò un orribile quarto di pollo a testa. Fu persino peggio della sconfitta”.
Fu una disfatta dietro l’altra, per la squadra messa in piedi nel campetto delle scuole elementari di San Giuseppe. Per fortuna un altro miracolo doveva compiersi. Arrivò con Valerio e Adriano Mazzanti, Bruno Maiorani, Peppino Tatti e Memmo Preti. Cinque giocatori “veri”, il meglio che la Sassari cestistica poteva schierare in quel momento. Provenivano dalla Torres basket e avevano litigato con l’allenatore Ninni Polano. La Dinamo era l’unico approdo disponibile a Sassari. C’era, comunque una società e, poi, l’ambiente era molto amichevole, quasi familiare (una virtù mantenuta fino ad oggi e che fa della Dinamo, secondo chi scrive, una società speciale).
Giocatore-allenatore fu designato Valerio Mazzanti, il più anziano ed esperto e, lentamente, le cose cominciarono a cambiare: dopo qualche sconfitta di misura arrivarono anche le prime vittorie. “Anche per noi giovani le cose migliorarono subito”, ricorda Giuseppe Pilo. “Ci sentivamo più sicuri e più seguiti. Io lasciai il ruolo di centro a Bruno Maiorani, più alto e più robusto, ma in difesa continuai a giocare sotto canestro, perché avevo imparato il tagliafuori e prendevo molti rimbalzi”.
Il campionato successivo, 1963-64 fu di assestamento. L’assetto della squadra venne migliorato con un allenatore a tempo pieno, l’algherese Cosimo Zoagli. Arrivarono da Alghero (ottima piazza di basket dove, però, le società avevano chiuso i battenti) Sandro Oggiano e Piero Cunedda e si aggiunse Gianni Columbano, che aveva appena concluso il servizio militare e che era stato l’uomo di punta del Turritana, società sassarese anch’essa scomparsa.
Nel campionato regionale c’era un’avversaria di grande prestigio (e imbattibile), l’Esperia, retrocessa dalla A nazionale. C’era anche il derby cittadino, infuocatissimo, con la Torres: cresceva intanto il pubblico del basket e intorno alla Dinamo cominciò a formarsi un gruppo di tifosi appassionati e irriducibili. Insomma, il basket per gli amici-soci della Dinamo non era più un divertimento doposcuola, ma un’attività sportiva piena di responsabilità.
Il 1965 fu l’anno della svolta. Finirono in testa al campionato regionale L’Esperia di Cagliari, la squadra più blasonata, e la Dinamo Sassari, l’ultima nata nel panorama cestistico isolano. L’Esperia andò agli spareggi per la promozione in A (senza successo) mentre la Dinamo fu promossa alla serie B nazionale.
Si presentò subito un problema apparentemente insormontabile: i soldi. Si organizzò una festa da ballo, per festeggiare la promozione e fare cassa, ma si raccolsero solo pochi spiccioli. Ed ecco il nuovo miracolo che arrivò da una banca.
Non uno sponsor, ma il direttore di una banca, la BNL: Placido Aricò, catanese, era anche consigliere della Federazione Pallacanestro (tra l’altro, il figlio, Pino, era giocatore della Dinamo dalla prim’ora). Contattò alcuni imprenditori sassaresi e chiese loro di mettere mano al portafoglio per consentire che la città di Sassari, per la prima volta nella sua storia, disputasse un campionato nazionale di basket.
I dirigenti e fondatori della Dinamo, giovani e squattrinati, fecero un mezzo passo indietro. Presidente fu nominato Alessandro Ponti, un imprenditore dell’edilizia; vicepresidenti Sandro Agnesa, titolare di una famosa pasticceria di via Roma, e Bruno Contini, un professionista con un passato di cestista; tesoriere il rag. Diana, funzionario di Banca. Segretario restò Piero Baraccani che, grazie alle sue doti organizzative era a parere di tutti insostituibile.
E così cominciò il cammino verso il “paradiso”.
Rosario Cecaro