
Il diario di bordo del terzo incontro nel carcere di Alghero: ambizione e forza, l’esperienza dei giganti a confronto con quella dei detenuti
Il giorno del terzo incontro è sempre mercoledì, sempre al carcere di Alghero, ma la giornata di fine marzo è di quelle in cui in Sardegna non si può stare al chiuso. Il gruppo One Team biancoblu arriva nella città catalana alle 10.30, ci sono il One team coach e assistant della Dinamo Massimo Maffezzoli e i giganti Jarvis Varnado e Brian Sacchetti che raggiungono i detenuti davanti alla biblioteca. Non entrano, decidono che sì, c’è un sole così bello che andranno direttamente nel campo da basket all’aperto dove si sistemano per la chiacchierata. Il tema questa volta è “Ambizione”. Jarvis Varnado è completamente distratto, guarda con i mosaici realizzati dai detenuti, in mostra nel porticato accanto al campetto. “Ma questo non è un carcere – dice stupito - è completamente diverso da quelli americani, sicuramente molto più accogliente”. I detenuti sorridono, orgogliosi e divertiti. Brian Sacchetti non si è dimenticato della promessa che aveva fatto durante la visita dei giganti lo scorso ottobre, e arriva con una sua maglia d’allenamento per uno dei detenuti, che allora gliela aveva chiesta. Il confronto è aperto dal One Team coach Massimo Maffezzoli. Le domande sono tante, Chiedono cosa spinge a scegliere una squadra piuttosto che un’altra, a cosa ambiscono dopo aver vinto tutto. Il paragone con la stagione del triplete è inevitabile. Risponde Massimo Maffezzoli: “Sono ancora in una fase della mia vita e della mia carriera in cui scelgo in che squadra lavorare non in base al denaro ma alle maggiori opportunità di apprendimento che mi dà”. “ L’anno scorso è stato un anno spettacolare ma questo non sazia la fame e la voglia di migliorare e di confermarsi che si ha anche quest’anno, anche con un gruppo tanto cambiato”.
Come sempre il confronto prende la via delle chiacchiere, dai racconti delle esperienze e la curiosità di tanti è per Varnado, per un americano che ha scelto Sassari. Gli chiedono come sia arrivato, come si sia organizzato per il trasferimento, e com’è la sua vita in una città nuova e così diversa dalla sua, e quanto sia difficile vivere lontano dai proprio affetti e dalla propria nazione. “E’ dura, in particolar modo in certi momenti in cui vorresti vivere con la tua famiglia e i tuoi amici o quando avresti voglia di mangiare del cibo che qui non trovi – dice Varnado -. All’inizio della mia carriera ho giocato a Pistoia e quell’anno per me è stato particolarmente difficile. Ero molto giovane e non ho vissuto bene la differenza culturale e la lontananza con i miei affetti. Ora ho sicuramente più esperienza, riesco ad affrontare con più serenità la stagione e la passione per quello che faccio, l’amore che provo per il basket da quando sono bambino, sono un grande stimolo. E tutto questo nutre la mia ambizione, che è quella di migliorarmi giorno dopo giorno. Chissà che così facendo non possa tornare a giocare anche per la competizione più importante, la NBA. Qui in Italia il livello del gioco è alto e mi reputo fortunato ad avere l’occasione di giocare per l’Europa e conoscere tante culture e posti diversi. L’amore per la pallacanestro è quello che alimenta ogni mia decisione e il fatto che grazie ad esso possa prendermi cura della mia famiglia mi sostiene tanto nei momenti in cui la nostalgia si fa sentire maggiormente”. I detenuti lo ascoltano, in totale empatia con ciò che dice il centro americano, “anche noi – ribattono - sappiamo cosa significa dover sopportare la lontananza dai propri cari e dalla propria casa”.
Storie e tema della giornata ora si “raccontano” con la palla in mano, inizia la sessione giocata: la sfida è al tiro ma questa volta divisi in due squadre, capitanate da Varnado e Sacchetti, arbitro l’assistant Maffezzoli: finisce con uno spareggio e a spuntarla è il gruppo di Brian, con l’aiutino dell’arbitro - si dice - che per il finale si è unito a loro e messo dentro tiri niente male.
Sassari, 13 aprile 2016
Ufficio Stampa
Dinamo Banco di Sardegna
